Appello alla regione Emilia Romagna e al Governo per la riapertura in sicurezza delle attività dei centri culturali, sociali e ricreativi

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Senza questi centri si privano città, quartieri e paesi di attività e iniziative assistenziali, educative, solidali, di vicinanza e di sostegno ai più deboli e fragili delle nostre comunità.

Con grande rammarico prendiamo atto che nell'ultimo DPCM continuano a essere sospese le attività dei "centri culturali, sociali e ricreativi". Lo facciamo con un senso di delusione e di smarrimento rispetto al fatto che le richieste e proposte del Forum Nazionale come quelle delle diverse associazioni a esso aderenti, di consentire aperture parziali e in sicurezza, non siano state né ascoltate, né tanto meno prese in considerazione.

Siamo consapevoli di essere nel pieno di un'emergenza sanitaria epocale, ma continuiamo a non comprendere la ragione di norme e provvedimenti che vietano qualsiasi attività svolta nelle nostre sedi, a prescindere dalla tipologia delle stesse, e senza prevedere regole, obblighi e prescrizioni che ne possano permettere lo svolgimento in sicurezza.

Non si tratta tanto di un problema di natura economica quanto della possibilità di mantenere “il respiro” di attività che per il solo fatto di essere, seppur parzialmente, attive, consentono ai volontari, ai soci e ai cittadini, in particolare nelle realtà più periferiche, di percepire la presenza “in vita” di un presidio per l'oggi e quindi di maggiore fiducia per il domani. Senza tutto ciò si privano città, quartieri e paesi di attività e iniziative assistenziali, educative, solidali, di vicinanza e di sostegno ai più deboli e fragili delle nostre comunità, proprio nel corso di una crisi che è anche sociale e in cui sono ancora più accentuate le disuguaglianze e le situazioni di difficoltà e di emarginazione.

Perché prevedere una chiusura totale e generalizzata senza nessuna valutazione di merito? Perché, ad esempio, in un circolo Acli, Arci, Ancescao, Aics, Endas, Fitel... sarebbe più rischioso rispetto ad altri luoghi dove oggi le stesse attività sono consentite? Perché non ipotizzare lo svolgimento di attività ricreative, sociali e culturali con regole tali da limitare gli assembramenti e prevenire il rischio contagi?
Ci siamo sempre adeguati a tutte le misure di sicurezza e di prevenzione previste, abbiamo investito tempo e risorse senza peraltro avere, nella stragrande maggioranza dei casi, alcun aiuto pubblico. Abbiamo imparato, come tanti altri, a tutelare noi stessi e i nostri soci. Per mesi ci è stato ripetuto che avremmo dovuto imparare a convivere con il virus. Lo abbiamo fatto. E lo abbiamo dimostrato nelle numerose attività culturali e ricreative organizzate, tutte nel pieno rispetto delle restrizioni previste e senza creare alcun allarme di carattere sanitario.

Per tutte queste ragioni chiediamo alla nostra Regione, se condivide queste valutazioni, di attivarsi nei confronti del Governo e del Parlamento allo scopo di ripensare alla normativa che, oltre a essere palesemente discriminatoria, impedisce di fatto alle associazioni e ai circoli ricreativo/culturali di poter svolgere un importante ruolo di presidio sociale sul territorio.

Il rischio concreto è che molti circoli e associazioni non riaprano più; siamo pronti a ripartire, ancora una volta, nel rigoroso rispetto dei protocolli e delle normative per limitare e prevenire la diffusione del virus.
Ci chiediamo infine a che serve incensare l'associazionismo, il volontariato, la promozione sociale se poi lo si condanna all'immobilità e quindi a morte certa.

Forum Terzo Settore Emilia Romagna