25mila dipendenti, 220 cooperative e un miliardo di fatturato: LegacoopSociali presenta i suoi dati

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Bilancio positivo, nonostante la crisi, ma l'obiettivo è puntare sull'innovazione e su nuovi servizi per i cittadini

Più di 25.000 dipendenti, per la gran parte soci, 220 cooperative associate, oltre un miliardo di euro di fatturato, in lieve aumento sul 2013. Sono alcuni dei dati relativi al 2014 presentati da Alberto Alberani, responsabile di LegacoopSociali Emilia-Romagna, all’incontro della direzione regionale dell’associazione al quale hanno preso parte l’assessore al welfare e alle politiche abitative della Regione, Elisabetta Gualmini e il presidente di Legacoop Emilia-Romagna, Giovanni Monti.

L’89% del fatturato delle cooperative sociali deriva da rapporti con Pubbliche amministrazioni di cui il 53%, per la parte che riguarda anziani, disabilità e dipendenze, non è più regolato dagli appalti ma da un sistema di accreditamento finanziato dalla Regione e dalle Asl e, per circa la metà, dalla contribuzione degli utenti.
Le cooperative sociali di tipo “b”, quelle che hanno tra i soci lavoratori un’adeguata quota di persone svantaggiate, rappresentano circa il 20% del fatturato e, spiega Alberani, "sono l’ammortizzatore sociale d’eccellenza per prevenire e combattere il disagio sociale e le povertà attraverso il lavoro: 3.000 lavoratori e 3.000 persone in tirocinio nelle cooperative di tipo b consentono alla comuntà regionale un risparmio quantificabile in 400 milioni di euro all’anno".

Un bilancio certamente positivo, ma le cooperative sociali guardano anche oltre, puntando all'innovazione.
"Si tratta di un settore in evoluzione – sottolinea Alberani – che, accanto ai servizi consolidati, sta elaborando nuove forme di intervento rivolgendosi direttamente all’utenza e ai cittadini. Lo facciamo in relazione con cooperative che operano in settori diversi e con le quali è possibile dar vita a progetti comuni. Ad esempio, nella cooperazione di abitanti, tra i dettaglianti, con il consumo, le mutue. C’è una quota ampia di spesa sociosanitaria, pari al 70%, che viene coperta direttamente dalle persone e dalle famiglie e noi ci candidiamo per incontrare questi bisogni e dare loro una risposta efficiente, di alta qualità dal punto di vista dei servizi e delle relazioni umane, a costi contenuti".
"Non dobbiamo dimenticare poi i servizi per l'infanzia - conclude Alberani - che necessitano di essere ripensati alla luce della riforma della scuola, ma anche delle nuove esigenze delle famiglie in una società in continuo cambiamento".

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